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Decreto Crescita, la nuova normativa sulle locazioni brevi

Il Decreto Crescita prevede sostanziali novità sul tema delle cosiddette “locazioni brevi”: vediamo nel dettaglio di quali si tratta.
30.07.2019 /
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Novità importanti per il settore, su tutte il codice identificativo per i soggetti operanti nel settore turistico

Nell’articolo Decreto Crescita: tutte le novità per il settore immobiliare abbiamo riassunto le principali novità per il settore immobiliare introdotte nel nostro sistema dalla conversione in legge del cosiddetto “decreto crescita”, il Dl n° 34 /2019, convertito con la legge n° 58/2019. Nell’articolo citato, abbiamo volutamente tralasciato l’argomento di cui all’Art 13 quater della legge di conversione, che prevede sostanziali novità sul tema delle cosiddette “locazioni brevi”. Entriamo in questo articolo nel dettaglio dell’argomento.

Definizione di locazione breve

Specifichiamo innanzitutto che con la locuzione “locazioni brevi” si intendono i contratti di locazione ad uso abitativo che abbiamo durata non superiore ai 30 giorni, compresi, come ci ricorda l’Agenzia delle Entrate, quelli che includono nel contratto anche i servizi di fornitura di biancheria e pulizia dei locali. Inoltre parliamo dei soli contratti stipulati da persone fisiche, o direttamente o attraverso soggetti che svolgono attività di intermediazione immobiliare o attraverso portali telematici (come ad esempio Air B&B, Booking ed altri portali affini), escludendo quindi coloro che stipulano tali contratti nell’esercizio della loro attività d’impresa. Quindi comprendiamo innanzitutto che, con tale intervento legislativo, si è inteso dare una regolamentazione ulteriore ad un settore in espansione. Già nel 2017 c’era stato un primo intervento legislativo, con il decreto legge 50/2017, in cui all’Art.4 comma 5-bis, “per assicurare il contrasto all’evasione fiscale”, questi soggetti, oltre al regime ordinario, possono optare per applicare “una ritenuta del 21 per cento sull’ammontare dei canoni e corrispettivi”. In base a questo intervento, si è creata una distinzione tra i contratti sottoscritti senza attività di intermediazione e senza utilizzare i portali su internet e quelli sottoscritti tramite intermediazione.

Per i primi, l’opzione dell’aliquota al 21% con cedolare secca si può esercitare:

  • in sede di registrazione del contratto
  • in sede di dichiarazione dei redditi

Per i soggetti che, invece, svolgono l’attività di intermediazione immobiliare e per quelli che risultino gli effettivi gestori dei portali, è stata l’Agenzia delle Entrate, con il Provvedimento del 12 luglio 2017, a intervenire e chiarire come applicare la ritenuta, ovvero trasmettendo i dati relativi ai contratti conclusi con la loro attività intermediatoria entro il 30 giugno dell’anno successivo. Nel caso in cui gli operatori intervengano nel pagamento per i loro assistiti oppure incassino i corrispettivi dovuti, applicano la ritenuta al 21% che viene considerata:

  • a titolo d’imposta se il soggetto ha scelto come opzione la cedolare secca nella dichiarazione dei redditi o al momento della registrazione del contratto
  • come acconto, nel caso in cui non sia esercitata l’opzione della cedolare secca e si preferisca l’applicazione del regime ordinario

Decreto Crescita per gli affitti brevi

E veniamo ora alle novità introdotte dall’attuale esecutivo con la legge di conversione del decreto crescita. La principale è indicata al comma 4 dell’Art 13-quater, ovvero l’istituzione di “una apposita banca dati delle strutture ricettive nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi… presenti nel territorio nazionale”. Questa banca dati, istituita “al fine di migliorare la qualità dell’offerta turistica, assicurare la tutela del turista e contrastare forme irregolari di ospitalità”, sarà gestita dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo. Le strutture ricettive avranno un codice identificativo, “un codice alfanumerico… da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza”. La nuova legge prevede ovviamente delle sanzioni in caso di inadempienza o inosservanza di questo obbligo di comunicazione del codice alfanumerico, indicate al comma 8, che specifica una “sanzione pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro”, sanzione che si raddoppia in caso di “reiterazione della violazione”. Il comma 5 prevede invece che nei 30 giorni successivi dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministero emani un decreto che stabilisca le norme per realizzare e gestire la banca dati, le modalità di accesso alle informazioni in essa contenute e il modo con cui le informazioni saranno messe a disposizione degli utenti e delle autorità. Sarà sempre un decreto, stavolta del Mef, in accordo con il Ministro dell’Interno, a stabilire entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, criteri, termini e modalità di invio dei dati relativi alle persone che alloggiano presso le strutture ricettive, dati che dovranno essere forniti dal Viminale all’Agenzia delle Entrate (e se necessario ai singoli Comuni per verificare imposte e tassa di soggiorno). Questo trasferimento dei dati al Ministero dell’Interno avverrà in ogni caso in forma anonima ed aggregata per ogni singola struttura ricettiva.

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