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Casa in affitto: quali le tasse da pagare?

L’affitto di un immobile è sottoposto a tassazione e le imposte dovute ricadono sia sul locatore che sull’affittuario, anche se in misura diversa.
24.05.2019 /
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Panoramica sulle imposte dovute da parte di titolare e inquilino in caso di locazione

 

L’affitto di un immobile è ovviamente sottoposto a tassazione e le imposte dovute ricadono sia sul locatore che sull’affittuario, anche se in misura completamente diversa. Le tasse sulla locazione possono essere distinte in due categorie: quelle da pagare al momento dell’avvio del contratto e quelle sul reddito da locazione. Vediamole insieme nel dettaglio.

Tasse casa in affitto: imposta di registro e imposta di bollo

Al momento dell’avvio del contratto è richiesto il pagamento di due imposte: quella di registro e quella di bollo.

L’imposta di registro si paga al momento della registrazione del contratto, procedura indispensabile affinché il contratto stesso risulti valido e da effettuare entro 30 giorni dalla firma. Questa tassa ammonta al 2% del canone annuo moltiplicato per il numero degli anni, per i fabbricati a uso abitativo. Per fabbricati strumentali per natura, l’imposta di registro è pari all’1% del canone annuo, se la locazione è effettuata da soggetti passivi Iva: in tutti gli altri casi ammonta al 2%. Fanno eccezione anche i fondi rustici per i quali l’imposta di registro è pari allo 0,50% del totale annuo moltiplicato per il numero delle annualità mentre per tutti gli altri immobili è pari al 2% del canone annuo moltiplicato per il numero delle annualità. Per i contratti di locazione a canone concordato riguardanti immobili che si trovano nei cosiddetti Comuni “ad elevata tensione abitativa” è prevista una riduzione del 30% della base imponibile sulla quale calcolare l’imposta di registro. Questo significa che per effettuare il calcolo va considerato solo il 70% del corrispettivo annuo. L’imposta di registro relativa al primo anno di locazione non può essere inferiore a 67 euro. Si può scegliere di pagare, al momento della registrazione, l’imposta dovuta per tutta la durata del contratto (il 2% del corrispettivo annuo moltiplicato per il numero di anni di locazione previsti) oppure si può versare l’imposta anno per anno. Se il contratto viene disdetto anticipatamente e l’imposta di registro è stata versata per l’intera durata dello stesso, si può chiedere il rimborso dell’importo pagato in eccesso rispetto all’effettiva durata della locazione. La registrazione del contratto spetta al proprietario dell’immobile, ma il locatore e il conduttore rispondono entrambi del pagamento dell’intera somma dovuta per la registrazione stessa pertanto non è insolito che ci si accordi per dividere la spesa in parti uguali.

L’imposta di bollo, per ogni copia di contratto da registrare, è pari a 16 euro ogni 4 facciate scritte dell’atto e comunque ogni 100 righe dello stesso.

Imposta di registro e imposta di bollo non vanno pagate se si sceglie il regime della cedolare secca descritto sotto.

Tasse casa in affitto: imposta sui canoni di locazione

I canoni di locazione vengono tassati ai fini Irpef in quanto costituiscono un reddito per il titolare dell’immobile. Proprio il locatore tuttavia può scegliere tra due diverse opzioni di tassazione: il regime fiscale ordinario e la cedolare secca.
Nel primo caso le tasse sul reddito da locazione prevedono una deduzione forfettaria del 5% il che significa che viene tassato il 95% del corrispettivo totale.

La cedolare secca è invece un’imposta sostitutiva che si calcola applicando un’aliquota del 21% sul reddito percepito dal proprietario in seguito alla locazione. Si tratta quindi di un regime fiscale facoltativo che generalmente viene considerato più conveniente di quello ordinario anche perché sostituisce non solo la parte Irpef, ma evita anche il pagamento dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo. La scelta della cedolare secca implica tuttavia la rinuncia alla possibilità di chiedere l’aggiornamento del canone di locazione. Inoltre i proventi assoggettati alla cedolare sono esclusi dal reddito complessivo – non vanno inseriti nella denuncia dei redditi – e quindi su di essi e sulla cedolare stessa non possono essere fatti valere oneri deducibili o detrazioni. Deve essere invece compreso nel reddito ai fini del riconoscimento di deduzioni, detrazioni o benefici collegati al possesso di requisiti reddituali (ad esempio il calcolo dell’Isee o del reddito per essere considerato a carico).

Per maggiori approfondimenti sulle opzioni di affitto: “Contratti di affitto: ecco tutte le tipologie“.

 

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