Così l’Agenzia delle Entrate ha risposto in merito alla questione sollevata da un contribuente
La rivendita di unità immobiliari da parte di un privato determina un reddito d’impresa: è quanto emerso nella risposta n° 426/2019 dell’Agenzia delle Entrate in cui l’Agenzia stessa ha risposto ad un interpello del 24 ottobre 2019 da parte di un contribuente, il quale dichiara di essere proprietario di un immobile, adibito ad abitazione e servizi, che fu acquistato in comproprietà con la sua consorte nel 1998. Il contribuente sostiene di voler effettuare su questa unità lavori di ristrutturazione edilizia, nello specifico la demolizione e ricostruzione con un conseguente aumento del 20% della volumetria rispetto alla pianta precedente, tutto ciò usufruendo delle norme previste dal regolamento urbanistico del Comune nel quale sorge l’immobile. Secondo il proprietario, tale intervento non modifica le caratteristiche specifiche e fondamentali dell’intervento, quindi ritiene sia sufficiente presentare al Comune una Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), ovvero il documento che certifichi l’inizio dei lavori di ristrutturazione di un immobile, e non un Permesso di Costruire che invece viene rilasciato in casi di rilevanti e sostanziali interventi di modifica di un edificio, oppure nei casi di edificazione ex novo di un immobile. Il dichiarante sostiene inoltre che, terminati i lavori, egli intende mettere in vendita il fabbricato e prospetta all’Agenzia la soluzione che prevede che, in questo caso, la cessione dell’immobile non generi una plusvalenza perché in suo possesso da più di 5 anni e inoltre, secondo quando indicato nel TUIR all’art. 67 comma 1 lettere a) e b), i lavori non determinano una nuova costruzione anche se la volumetria preesistente sarà modificata dai lavori stessi.
Nel formulare la risposta, l’Agenzia parte proprio dalla lettera b) del succitato articolo, in cui si legge che sono considerati redditi diversi “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, escluse… le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione siano state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
È evidente come questa norma sia stata pensata dai legislatori in modo da poter tassare i guadagni derivanti dalla vendita di immobili con finalità speculativa, presumendo difatti che la cessione avvenga nel termine dei cinque anni. Si aggiunga che, perché ci sia plusvalenza e quindi tassazione, si deve configurare il caso in cui l’attività posta in essere dalla persona fisica non sia idonea a configurare l’esercizio di impresa commerciale secondo quanto indicato nell’articolo 55 del TUIR. Insomma, ai fini del reddito d’impresa, è necessario che l’attività svolta sia “abituale” e che, se invece è “occasionale”, deve produrre un reddito inquadrabile nei cosiddetti “redditi diversi”.
Secondo un orientamento espresso più volte dalla Cassazione, difatti, il termine “imprenditore” si può assegnare anche a chi utilizza un proprio capitale per fini produttivi, e questo esercizio dell’impresa può anche avvenire in un singolo affare “occasionale”, se tale affare è rilevante a livello economico, precisamente quando tale affare renda necessari una serie di atti economici, come nel caso della costruzione di edifici destinati ad abitazioni. In base a questo orientamento della Cassazione, l’Agenzia giunge alla conclusione che, nel caso oggetto di interpello, considerando i documenti forniti dal contribuente in sede di supplemento, “la realizzazione a seguito dei lavori di 5 appartamenti, 8 garage e 3 posti auto, configura un comportamento logicamente e cronologicamente precedente l’atto di cessione e quindi strumentale rispetto all’incremento di valore, che evidenzia l’intento di realizzare un arricchimento”, ovvero un “lucro”. Quindi, l’Agenzia ribalta la soluzione prospettata dal contribuente, considerando tali lavori come un’attività imprenditoriale, visto che l’intervento sull’immobile ha come fine ultimo non l’uso personale o familiare dell’immobile stesso, ma la realizzazione e successiva cessione, attraverso un’attività prolungata nel tempo, delle unità immobiliare, dei garage e dei posti auto a terzi estranei al nucleo familiare. L’Agenzia quindi conclude che il reddito generato dalla vendita di tutte le unità realizzate dopo i lavori, debba essere considerato imponibile e tassabile, in quanto reddito rientrante nella categoria dei redditi di impresa regolamentati, come già detto, dall’art. 55 e successivi del TUIR.